Lettera di santa Caterina da Siena
ad Urbano VI
Vale davvero la pena di leggere queste righe per capire bene cosa sia la "parresia", quella vera.
La Pulzella vi propone la lettura di questa lettera indirizzata da Santa Caterina ad Urbano VI, e - mutatis mutandis - di confrontare questa testimonianza con la situazione attuale...
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Al nome di Gesù Crocifisso e di Maria dolce.
Santissimo e dolcissimo Padre in Cristo dolce Gesù.
E che verità cognosceremo, Santo Padre? Cognosceremo una
verità eterna, con la quale fummo amati prima che noi fussimo.
Dove la cognosceremo? Nel cognoscimento di noi medesimi;
vedendo che Dio ci ha creati all’immagine e similitudine Sua, costretto dal
fuoco della Sua Carità. Questa è la verità; che ci credò perchè noi
partecipassimo di Lui, e godessimo del suo eterno e sommo bene.
Chi ci ha dichiarata manifestata questa verità?
Il sangue dell’umile e immaculato Agnello di cui sete fatto
Vicario e celleraio; che tenete le chiavi del sangue, nel quale fummo recreati
a Grazia; e ogni dì che l’uomo esce dalla colpa del peccato mortale, e riceve
il sangue nella Santa Confessione, si può dire che ogni volta rinasca nuovo.
Così troviamo continuamente che la verità ci è manifestata
nel sangue, ricevendo il frutto del sangue.
Chi la cognosce questa verità?
L’anima che ha tolta la novila dell’amore proprio, e ha la
pupilla del lume della santissima fede nell’occhio dell’intelletto suo; col
quale lume, nel cognoscimento di sé e della bontà di Dio in sé, cognosce questa
verità, e coll’affocato desiderio gusta la dolcezza e suavità sua.
Ché tanto è la sua dolcezza, che ogni amaro spegne, ogni
grande peso fa essere leggiero, ogni tenebra dissolve e leva via; lo ignudo
veste, l’affamato sazia: unisce e divide, perchè sta nella verità eterna, nella
quale verità cognosce che Dio non vuole altro che il suo bene. E però subito dà
uno giusto giudizio, tenendo che ciò che Dio dà e permette in questa vita, il
dà per amore, acciocchè siamo santificati in Lui, e per necessità della salute
nostra, o per accrescimento di perfezione.
Avendo cognosciuto questo nella verità col lume; ha in
reverenzia ogni fatica, detrazione, beffe, scherni, ingiurie, obbrobri,
villanie e rimproverii; tutte le trapassa con vera pazienzia, cercando solo la
gloria e la lode del Nome di Dio nella salute dell’anime; e più si duole
dell’offesa di Dio e del danno dell’anime, che della ingiuria propria. Ha
pazienzia in sé, ma non del vituperio del suo Creatore.
Nella pazienzia dimora allora l’anima che spogliata è
dell’amor proprio di sé, ed è rivestita del fuoco della Divina Carità. Nella
quale Carità, amore ineffabile, l’amaritudine, santissimo Padre, nella quale
voi sete, essendo così dolcemente vestito, vi tornerà a grandissima dolcezza e
suavità: e ‘l peso che è così grave, l’amore vel farà esser leggiero;
cognoscendo che senza il sostenere molto non si può saziare la fame vostra e
de’ servi di Dio, fame di veder riformata la Santa Chiesa di buoni, onesti e
santi pastori.
E sostenendo che voi senza colpa le percosse di questi
iniqui, che col bastone vogliono percuoter la Santità vostra, riceverete la
luce.
Perocché la verità è quella cosa che ci delibera. E perchè
verità è, che eletto dallo Spirito Santo e da loro, Vicario Suo sete, la
tenebra della bugia e della eresia, la quale hanno levata, non potrà contra
questa luce; anzi quanto più li vorranno dare tenebre, tanto più riceverà
perfettissima luce.
Questa luce porta seco il coltello dell’odio e del vizio, e
dell’amore della virtù, il quale è uno legame che lega l’anima in Dio e nella
dilezione del prossimo.
O santissimo e dolcissimo Padre, questo è il coltello che io
vi prego che voi usiate.
Ora è tempo vostro da sguainare questo coltello; odiare il
vizio in voi e nei sudditi vostri, e nei ministri della Santa Chiesa. In voi,
dico; perchè in questa vita veruno è senza peccato: e la carità si debbe prima
muovere da sé, usarla prima in sé coll’affetto delle virtù, e nel prossimo nostro.
Sicchè, tagliare il vizio; e se il cuore della creatura non
si può mutare, né trarlo de’ difetti suoi, se non quanto Dio nel trae, e la
creatura si sforzi coll’auditorio di Dio a trarne il veleno del vizio; almeno,
santissimo Padre, siano levati dalla Santità vostra il disordinato vivere e’
scelerati modi e costumi loro.
Piaccia alla Santità vostra di regolarli secondo ciò che è
richiesto dalla Divina Bontà, ognuno nel grado suo.
Non sostenete l’atto dell’immundizia non dico il desiderio
suo, ché nol potete ordinare più che si voglia; ma almeno l’atto (che si può)
sia regolato da voi. Non simonia, non le grandi delizie: non giuocatori del
sangue, che quello de’ poveri e quello della Santa Chiesa sia giuocato, tenendo
baratteria nel luogo che debbe essere tempio di Dio. Non come clerici né come
canonici, che debbono essere fiori e specchio di santità; egli stanno come
barattieri, gittando puzza d’immundizia e esemplo di miseria.
Oimè, oimè, oimè, Padre mio dolce! Con pena e dolore e
grande amaritudine e pianto scrivo questo.
E perciò, se io parlo quello che pare che sia troppo e suoni
presunzione; il dolore e l’amore mi scusi dinnazi a Dio e alla Santità vostra.
Ché, dovunque io mi volgo, non ho dove riposare il capo mio.
Se io mi volgo costì (che dove è Cristo, debbe esser vita
aeterna); e io vedo che nel luogo vostro, che sete Cristo in terra, si vede
l’inferno di molte iniquità, col veleno dell’amore proprio; il quale amore gli
ha mossi a levare il capo contra di voi, non volendo sostenere la Santità
vostra che vivessero in tanta miseria. Non lassate però.
Riluca nel petto vostro la margarita della santa giustizia,
senza veruno timore. Ché non bisogna temere, ma con cuore virile: che se Dio è
per noi, veruno sarà contra noi. Godete ed esultate; che l’allegrezza vostra
sarà piena in Cielo.
In queste fadighe vi rallegrate; perchè dopo questo (cioè
dopo le fadighe) verrà il riposo, e la riformazione della Santa Chiesa.
la Storia,i Santi,nei loro scritti e nella loro vita DEVONO ESSER ,INSIEME AL VANGELO ED ALLA BIBBIA INTERA il vero riferimento per il nostro cammino.Non certo i capricci della collettività,le mode.Ed anche il clero,nelle alte sfere oggi spesso segue le mode ed i capricci della cultura odierna dimenticando (o volendo dimenticare ed accantonare) LA TRADIZIONE.
RispondiEliminaperfettamente d'accordo. Vi ricordo quanto disse san Francesco di Sales: "il Vangelo e la vita dei Santi: c'è la stessa differenza che passa da una musica scritta ad una musica cantata"! E' vero: i Santi con la loro vita sono la dimostrazione che il Vangelo è praticabile ed in queste esperienze di vita si fonda la tradizione della Chiesa.
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