Ferdinando Scianna |
Il tema della
misericordia è, ormai, all’ ordine del giorno. Gli amici della Pulzella si
chiedono, tuttavia, quale significato questo termine abbia e, soprattutto, se
questa parola abbia la stessa portata semantica che con insistenza si sente
riecheggiare durante le omelie di questi ultimi tempi.
Le
fonti a cui potremmo far riferimento per rispondere a questo quesito sono
molte, in particolar modo si potrebbe far appello agli scritti di papa
Benedetto XVI. Volendo, però, individuare un percorso quanto più semplice e
basilare sembra opportuno muovere i passi dagli insegnamenti del Catechismo
della Chiesa Cattolica.
In primo
luogo, i numeri 1846, 1847, 1848 ci dicono che il Vangelo è la rivelazione, in
Gesù Cristo, della misericordia di Dio nei confronti dei peccatori. I punti
richiamati, non a caso, sono trattati dall’articolo 8, dedicato al tema del
peccato. La dottrina ci invita ad accogliere la misericordia divina a patto di
riconoscere le nostre colpe. La conversione del nostro cuore passa, dunque,
dalla via maestra del sacramento della Riconciliazione, dall’incontro con
Cristo nelle mura della sua casa, la Chiesa.
A conferma di
questa conclusione depone il numero 2040, che rileva come la Chiesa “nella
sua sollecitudine materna, ci accorda la misericordia di Dio, che trionfa su
tutti i nostri peccati e agisce soprattutto nel sentimento della
Riconciliazione. Come madre premurosa, attraverso la sua liturgia, giorno dopo
giorno, ci elargisce anche il nutrimento della Parola e dell’Eucaristia del
Signore”. Cristo stesso richiede misericordia, non sacrifici (Mt 9,13: 12)
compiuti senza un corretto atteggiamento interiore, cioè scollegati
dall’amore verso il prossimo (cfr. 2100), ovvero privi di carità (cfr. 1829).
La
misericordia, inoltre, suscita anche scandalo (589) agli occhi della
formalistica logica farisaica del tempo la quale, mutatis mutandis, richiama,
al giorno d’oggi, il moderno approccio del “politicamente corretto” menzionata
nei precedenti interventi di questo blog. Gesù, dunque, scandalizza gli astanti
identificando il proprio comportamento misericordioso verso i peccatori, verso
gli ultimi della società, con l’atteggiamento di Dio stesso nei loro confronti.
L’idea di un Dio che si fa vicino all’uomo e che assume la stessa condizione
umana, come è noto, fece scalpore, come le sue parole e i suoi comportamenti.
Il Catechismo
(1439) suggerisce, poi, di porre mente alla parabola del figliol prodigo (Lc
15, 11-24) per chiarire ulteriormente questo concetto. Il figlio è accolto alla
mensa del padre solo dopo il pentimento e la decisone essersi dichiarato
colpevole dinanzi al padre di tutte le scelte da lui compiute. La gioia del
padre suscita, tuttavia, le perplessità del figlio che gli è rimasto fedele e
che pensa di aver subito, di conseguenza, una discriminazione. Al di là delle
interpretazioni del passo in esame, sembra evidente che Gesù voglia porre
l’accento sul’assenza di limiti della misericordia, salvo quelli individuabili
nella scelta dell’uomo di perseverare sulla via del peccato e, quindi, di
rifiutare la misericordia del Padre. La misericordia del Padre passa sempre
dalla sua giustizia. Una diversa soluzione non potrebbe portare chi ha basato
la propria vita su un atteggiamento contrario a quello descritto alla salvezza
ma, piuttosto, alla condanna eterna. Come rilevato, infatti, dal numero
1864 “un tale indurimento può portare all’impenitenza finale e alla rovina
eterna”. Responsabile di questa scelta è sempre e solo l’uomo, che decide
di respingere la salvezza offerta dallo Spirito Santo sulla scorta di una
relazione “fai da te” con Cristo e con la sua legge.
Su questo
tema mi sembra utile richiamare le parole di don Giussani (GIUSSANI, Alla
ricerca del volto umano, Milano, 2007, p. 42) che chiariscono ulteriormente
la tematica in esame. Egli osserva come “la misericordia non si esaurisce
nell’immagine della bontà del Signore, e chi percepisce questo mette le basi
per far nascere in lui un esito diverso rispetto a chi affronta separatamente
la bontà e il castigo del peccato. Se il castigo infatti fosse l’unico esito
del peccato, il peccato ci definirebbe. Invece, nonostante tutto, il peccato
non ci definisce,[…] non è l’ultima parola. E qui è il miracolo della
misericordia nella Misericordia, cioè nell’Essere. […] Se l’uomo riconosce la misericordia,
si accetta e si affida per essere cambiato ad un Altro, all’Altro
misericordioso. […] E allora eccolo il miracolo della misericordia: il
desiderio di cambiare: questo definisce il presente nuovo dell’uomo peccatore”.
Come sottolinea l’A., la parola chiave dell’ultimo periodo è il termine
“presente”, in quanto, come si è visto trattando la parabola del figliol
prodigo, l’uomo si deve affidare alla misericordia nel tempo dell’ora, dell’hic
et nunc. Deve essere un moto reale, che vede la fine della sua corsa nel
desiderio sincero di incontrare Cristo nella sua Chiesa. L’uomo, come essere
storico, costituisce il suo presente giorno per giorno e, da questa
prospettiva, si capisce come ogni passo verso la Chiesa sia anche un passo
verso la propria salvezza.
Queste
premesse permettono di effettuare alcune (pleonastiche) riflessioni.
La
misericordia costituisce, in primo luogo, una condizione normale della vita del
cristiano, tanto nel rapporto verticale con il divino, quanto in quello
orizzontale nei confronti del prossimo. In particolar modo, nel rapporto
verticale la misericordia del Padre si sostanzia nel sacramento della
Riconciliazione.
In secondo
luogo, la condizione da ultima richiamata impone, come si è testé rilevato, che
l’uomo, segnato dal peccato, si penta, accogliendo, così, l’amorevole abbraccio
di Cristo. La misericordia, in altri termini, non costituisce una blanda
amnistia a cui il cattolico può disinvoltamente far appello ogni volta che lo
desidera, una sorta di tappeto sotto il quale nascondere impunemente i propri
errori. La misericordia risponde, al contrario, alla dimensione ontologia
dell’uomo, inteso non come essere segnato dal peccato, ma, al contrario, come
uomo chiamato, secondo il suo ordine, alla santità e che deve confrontarsi
costantemente con gli attacchi del diavolo. La santità si costruisce giorno per
giorno (cfr. ancora in numero 2040), a partire dalla scelta di rifiutare le
tentazioni del demonio. Santo, come osserva Sant’Ambrogio, non è chi non cade
mai ma chi cerca, continuamente di non cadere e, come precisa ancora don
Giussani (cfr. op. cit., p. 91), “veramente immorale dunque non è chi
sbaglia , ma chi non avendo la memoria e la passione per Cristo non tende ad
altro che a sé”. Le buone intenzioni per il futuro, in questa sede,
rilevano ben poco, anzi prestano il fianco alle tentazioni del diavolo che,
facendo leva su questa imperfezione, cerca di forzare la nostra coscienza ad
intraprendere un’amicizia superficiale e sbagliata con Gesù, allontanandoci,
lentamente, da Lui e dalla sua Chiesa.
Proviamo ad
immaginare, ancora una volta, quel figlio che, tornato a casa, non si sia
pentito di quanto commesso. Il suo rientro poteva forse essere motivato
dall’opportunità di approfittare della disponibilità del padre, delle sue
ricchezze, magari depredandolo una seconda volta. La risposta che ci saremmo
potuti aspettare dal padre dinanzi alla pretesa avanzata, allora, sarebbe
stata certamente diversa da quella letta nelle pagine del Vangelo. Nonostante
tutto l’amore che un padre può avere nei confronti del figlio, egli sarebbe
stato obbligato a cacciarlo, ma, si badi bene, non per mancanza di misericordia
ma a causa della scelta del giovane di approfittare della generosità del suo
genitore. Per immedesimarci in questa situazione pensiamo alla piaga della
droga giovanile e al travaglio dei genitori dinanzi alla scelta dei propri
ragazzi di avere uno stile di vita malato e capace di segnare tragicamente il
loro destino. In questa prospettiva sembra chiara la ragione per cui Sant’Alfonso
Maria de Liguori affermò, con un pizzico di santa ironia, che “ne manda più
all'inferno la misericordia di Dio che non la sua giustizia".
Quindi, in
conclusione, la misericordia costringe il fedele ad una profonda rilettura
della propria relazione con Cristo per mezzo della sua Chiesa. La Pulzella vi
invita a passare dalla porta Santa solo dopo essere passati per il
confessionale. Solo seguendo questo sentiero la misericordia del Padre vi potrà
realmente toccare.
Alessando della Fonte
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